2logo-architetti-bn

Campus dei licei
Schio
2005


PROGRAMMA:
Concorso internazionale per la progettazione di una biblioteca e auditorium all’interno del Campus

CLIENTE:
Comune di Schio

CONCEPT:
L’idea di progettare o riprogettare coerentemente uno spazio da destinare ad un campus per licei - oggetto del concorso – fa riferimento in modo chiaro ed inequivocabile al complesso universo della cultura e dell’istruzione in genere. Per questo, si avverte l’esigenza di tener conto di una serie di dinamiche che operano tutte ad un livello sovra-nazionale. Innanzitutto, si considerano i processi di globalizzazione e di internazionalizzazione che non sono solo temi di moda ma pare siano effettivamente dei veri e propri processi sociali. Tali processi hanno prodotto una serie di ripercussioni che hanno investito le istituzioni e i sistemi di istruzione superiore i quali hanno acquisito sempre maggiore importanza proprio in quanto luoghi di produzione e di distribuzione della conoscenza. Lo stesso funzionamento di una economia globale fondata in misura crescente sulla produzione e distribuzione della conoscenza esalta la centralità della conoscenza in quanto tale, poiché essa consentirebbe una continua attitudine ad innovare. L’introduzione del sistema di “quasi mercato” , di privatizzazioni e di approcci managerialisti, inseriscono elementi della sfera privata nel sistema pubblico della cultura . Queste istituzioni di istruzione sono andate, così, in contro ad un processo di ridefinizione dei loro compiti istituzionali che le ha trasformate da istituzioni culturali a imprese della conoscenza che hanno come principale scopo il contribuire alla competitività e al benessere economico del sistema-nazione in cui operano e alla preparazione delle persone in grado di realizzare ciò. Inoltre, l’internazionalizzazione dell’istruzione superiore produce fenomeni contrastanti che da una parte privilegiano la crescita di cooperazioni e operazioni internazionali (mobilità di studenti e di studiosi, l’insegnamento delle lingue straniere o le varie attività cooperative di ricerca); dall’altra la tendenza alla definizione di programmi di studio orientati, spesso, ad una localizzazione e regionalizzazione dell’istruzione superiore. Si chiarisce così, come i processi di globalizzazione e di internazionalizzazione evidenziando la loro natura alquanto controversa ci proiettano all’esterno del nostro sistema con la loro propensione all’omologazione di abitudini, stili di vita e alla convergenza verso modelli internazionali consolidati, ma, di contro, innescano meccanismi che favoriscono, appunto, il primato delle nozioni di competizione, specificazione, differenziazione. Ed è proprio per dare intelleggibilità a questi concetti che si è accolta la metafora della rete con la quale si intendono rappresentare le relazioni fra i vari soggetti (istituzioni scolastiche) che trascendono gli antagonismi concorrenziali e valorizzano, al contrario, le pratiche comunicative e cooperative basate sull’insieme delle interazioni tra gli attori e tra attori e spazio fisico di appartenenza. Ciò, essenzialmente per il fatto che, nell’insieme, queste interazioni sarebbero all’origine di un effetto-sistema in grado di “produrre” una particolare atmosfera, un certo clima, una cultura tecnica, politica e sociale applicando alla dimensione culturale la stessa logica utilizzata per la spiegazione dello sviluppo dei sistemi locali italiani. Nel nostro specifico, si è cercato, per la realizzazione di questo progetto, di prendere inizialmente a modello una generica rete cognitiva, considerando che nello spazio da ricollegare e ridisegnare vi sono delle forti e determinanti preesistenze fatte di edifici scolastici tutti con una loro chiara e distinta caratteristica strutturale ed architettonica e con chiare delimitazioni spaziali di loro pertinenza. Il concetto di rete, infatti, – proprio perché riposa su un insieme di relazioni ed interrelazioni, di nodi e trame – ad una più attenta analisi, notiamo che è depositario di una capacità propulsiva e “produttiva” – per restare nella ormai imperante logica di mercato – superiore alla somma delle potenzialità delle sue singole componenti. Con ciò, si spiega come in un approccio di sistema, si possa innescare un processo di accumulazione di conoscenza che creando un certo “plusvalore” crei un ambiente culturale denso di stimoli e contaminazioni , un humus, alimentato anche dalla forte presenza della componente giovanile. Supportati, dunque, da un approccio scientifico quale quello sistemico, possiamo leggere gli edifici scolastici del campus come dei “nodi” che – prendendo a spunto le piastre della scheda madre del computer – diventano dei chips o microprocessori che si connettono fra di loro creando un sistema (culturale) che a sua volta è connesso tramite una miriade di fili, di reti e di spine ad altri sistemi complessi (sistema-città). Valorizzare i nodi, significa, dunque, evidenziare le differenze, le peculiarità, le creatività intrinseche ai vari istituti, comprendendone le rispettive potenzialità. Ma significa pure mettere in comunicazione, in relazione tutta l’esperienza, il sapere, il come fare per produrre qualche idea, ritrovato tecnico, scientifico o umanistico risultato della combinazione sinergica di più discipline. Il campus, dunque, non già visto come un aggregato “statico” di generici complessi di edilizia scolastica ma come un sistema complesso della cultura che entra in comunicazione ed interagisce al suo interno nell’ambito di un territorio o campo d’azione entro il quale si spiegano molteplici reti e trame che sono appunto quelle culturali e che connettendosi con l’ambiente esterno cittadino come tutti i sistemi aperti riceve da esso stimoli ed informazioni così come li invia in uscita. “Campus”, infatti è una parola latina che, oltre ad significare “territorio”, “pianura”, significa pure “campo d’azione” e “libero campo”. Ciò, induce alla considerazione che il territorio – inteso come spazio fisico sul quale agire progettualmente – diventa l’elemento fondamentale entro cui intrattenere un complesso gioco di interazioni reciproche e, all’interno del quale – in quanto “libero campo” – far dispiegare logiche del tutto specifiche e identificative di un luogo che deve diventare il luogo di produzione della cultura. C’è da puntualizzare, vieppiù, che la metafora della rete fa esplicito riferimento alla “cultura” della rete la quale rifiuta le gerarchie e valorizza invece le diversità e le specificità. In questa ottica, pertanto, si attribuiscono concettualmente pari dignità ed opportunità di “produzione” culturale a tutti i diversi ambiti disciplinari presenti all’interno del campus evitando, per taluni, posizioni di subalternità culturale e funzioni ancillari. Dunque, un approccio alla progettazione che privilegia una visione di tipo orizzontale che evita le gerarchie e che si concreta nell’espressione grafica del progetto con l’utilizzo di una simbologia presa in prestito dal linguaggio dell’informatica e della cibernetica quanto mai vicini all’universo giovanile che si serve di ipertesti e di rimandi e connessioni dagli esiti per lo più imprevedibili e che ormai quotidianamente naviga con lo strumento concettuale dell’interattività, grande conquista della contemporaneità. Trasferendo il discorso, dunque, da un piano concettuale ad un piano applicativo e più strettamente progettuale possiamo con tutta evidenza ritrovare l’idea di campus su espressa, in tutte le sue implicazioni ed accezioni, nelle diverse fasi dello sviluppo grafico del progetto. In altri termini, il progetto si serve di elementi significativi e di alto contenuto simbolico per esprimere i concetti sopra esposti nella maniera, si spera, più chiara possibile. Questi elementi, che da concettuali diventano progettuali, sono dati, appunto, dalle reti, dalla loro sovrapposizione falsata sullo spazio originario o griglia preesistente sino a formare delle trame più complesse. Infatti, gli elementi fondativi per la ricostruzione del campus-paesaggio sono dati essenzialmente da una molteplicità di griglie di riferimento. Tra queste, ne esplicitiamo alcune, tra le diverse che concretamente si potevano dispiegare: una prima griglia, è orientata sull’asse principale che costeggia il campus; l’altra guarda il fronte stradale prospiciente il centro storico; la terza è quella derivante dagli assi di costruzione dei diversi edifici esistenti all’interno dell’area, mentre l’ultima , corrisponde alle direttrici di penetrazione-pressione del tessuto edilizio circostante. In questo modo, si ridisegna un paesaggio con una trama che troviamo sia orizzontalmente con i percorsi pedonali, quelli ciclabili, le aree verdi e i parcheggi, sia con il progetto dei nuovi recinti e dei due nuovi edifici (biblioteca e auditorium). Questa trama complessa si spiega per mezzo di direttrici fatte con materiali diversi, con interspazi che si restringono e si dilatano permettendo, in tal modo, una lettura ipertestuale del campus. Infatti, il progetto si serve ed allude chiaramente al linguaggio dell’ipertesto che riesce in qualche maniera a fornirci una chiave di lettura per una sua maggiore comprensione a più livelli oltre quello più immediatamente rappresentabile graficamente, dato, appunto, dalla scheda elettronica e dalle reti. Nella struttura compositiva del progetto, l’ipertesto tende ad avere una struttura di tipo radiale: cioè, tende verso la dispersione ma al tempo stesso è anche ben strutturato e ingabbiato. È possibile, perciò, navigare all’interno dell’ipertesto perché esso aprendosi a raggiera non va soltanto in una direzione. Così, tutti gli elementi che costruiscono il “paesaggio” del campus funzionano come degli ipertesti poiché permettono di avere informazioni a più livelli. Ogni percorso, incrocio di direttrici, nodo spaziale permette la definizione geografica dell’individuo ed il suo orientamento preciso all’interno del campus sia rispetto al centro città sia rispetto all’area adibita a parco. I recinti, necessari per proteggere gli utenti scolastici, hanno una loro unitarietà per quanto riguarda l’uso dei materiali; cambiano, invece, per gli interspazi e per i portali di ingresso che si mettono in relazione con la trama dell’edificio per evidenziare l’identità specifica del singolo edificio all’interno del campus. Negli interspazi sono previsti inserimenti di vetri strutturali che permettono la visione all’interno. Il sistema di illuminazione è fatto con lampioni che richiamano l’immagine di componente elettronico che diventa elemento caratterizzante tutto il campus. Il suo colore cambia a secondo delle zone, individuandole, e diventa, con il suo orientamento fisso verso il centro storico, un pulsante che permette di tornare sempre all’ “home page”centro-città. I percorsi si identificano per l’utilizzo di materiali diversi a secondo se esterni al campus, quindi ad uso collettivo, o se si snodano all’interno di parti recintate, per trasformarsi, poi, – in maniera più naturale, nell’area “verde attrezzato” – imitando il percorso naturale del torrente. Il verde è stato considerato come un pezzo di paesaggio antropico in cui vi sono appezzamenti di terreni con diverse colture che rievocano la preesistenza di un paesaggio agrario. Pertanto, all’interno del sistema complesso di maglie avremo diversi tipi di verde con colori e densità tali da rendere leggibile la stratificazione operata dal tempo e dall’intervento dell’uomo. Queste stratificazioni costituiscono ulteriori informazioni per un tipo di lettura ipertestuale del territorio o campus. Particolare risalto hanno i “nodi” di intersezione con il tessuto urbano, essi rappresentano un limite, un valico tra due realtà vicine ma distinte. Il loro ruolo è di estrema importanza all’interno del progetto poiché permettono di creare un’ulteriore rete di collegamento tra di loro a un livello superiore rispetto alle maglie dei percorsi e che, come in un sistema aperto, collegano il sistema-campus al sistema-città. Sempre seguendo la logica sistemica premessa, ogni nodo, si caratterizza per la presenza di elementi architettonici formali che hanno la funzione di orientare l’utente e creare dei luoghi di sosta e di socializzazione tra gli stessi utenti e la città che preme sul perimetro. Luoghi d’incontro e di scambio, dunque, che diventano emblematici intorno ai due nuovi edifici – auditorium e biblioteca – . Infatti, l’edificio che contiene biblioteca, bar e ristorante proprio per la sua posizione più centrale è ingabbiato nella maglia-griglia fondativa e, nella sua configurazione architettonica, si identifica come un grande microprocessore. Man mano che si penetra nell’edificio, la griglia si sfalda ed entra in collisione con un nuovo sistema formale determinato dalla piazza pubblica al centro dell’edificio. La stessa configurazione architettonica sia della biblioteca che dell’auditorium aprendosi a raggiera allude alla dinamica ipertestuale o, se si vuole, ad una goccia d’acqua (la cultura), che mira a dilatarsi propagandosi come i cerchi di un sasso gettati in uno stagno. La stessa immagine, tuttavia, viene ripresa più marcatamente nell’auditorium, data la sua peculiare funzione di luogo di “produzione” di un genere di cultura più “fresca”, espressione della vivacità culturale del luogo, favorita in ciò anche dalla vicinanza al torrente; mentre la biblioteca, vista come luogo di deposito della memoria storica, locale e non, riflette un genere di cultura più “statico”. La stessa biblioteca, poi, evita di interrompere le trame del paesaggio elevandosi, perciò, al primo piano e diventando completamente attraversabile a piano terra, dove nello spazio recuperato e reso permeabile si ha la possibilità di avere scambi e percorsi che si snodano per tutto il campus. In corrispondenza della biblioteca, il campus si apre maggiormente alla città, pertanto, la piazza si dilata appropriandosi della sede stradale che in quel punto viene interrata per evitare di avere nella strada un limite invalicabile e permettendo, con ciò, di dilatare il campus ad un uso orientato a tutta la città. Per concludere, la volontà progettuale sottesa a questo lavoro non è certamente quella di creare una “città nella città” ma quella di proporre, invece, la creazione di tante città, territori che si connettono in rete con ruoli e caratteri distinti e purtuttavia connessi. In questa visione, ciascun punto o nodo del campus è sia centro che periferia.Ogni elemento architettonico contiene in sé tutti i codici identificativi per poter individuare o ricreare tutti gli altri elementi che sono infiniti in una concatenazione di rimandi e, per dirla con “l’Aleph” di Jorge Luis Borges, “di una sfera, il centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo”. L’universo, dunque, nella sua complessità lo possiamo ritrovare pur anche in un solo atomo. Dati dimensionali di massima: Auditorium mq. 4.000, sala esposizione mq.500, totale superficie coperta mq. 4500. Biblioteca mq.1000, ristoranti mq. 800, caffetteria mq. 300. superficie coperta mq. 1800

 


TEAM  PROJECT
GIOVANNI LORUSSO ARCHITETTO

 

STRUTTURE

Copyright 2011 - Architetto Giovanni Lorusso - Tutti i diritti riservati