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Piano del colore
Gravina in Puglia
2007   
   
  
  

PROGETTO COLORE

GRAVINA, l’altra apulia

L’ubicazione di Gravina in Puglia sugli antichissimi percorsi dell’altra Apulia, a presidio dei loci misteriosi e selvatici dai grandi boschi dei popoli lucani.

           L’ubicazione di Gravina, laddove origina l’antichissimo e sorprendente torrente denominato La Gravina in un unicum straordinario con la città di Matera.

          L’ubicazione di Gravina, da sempre – sino dal neolitico – a regolamentare commerci e traffici tra l’Adriatico, lo Ionio ed il Tirreno, tra grandi e fertili distese frumentarie, laddove si librano a volteggiare nei profondi cieli azzurri i falchi grillai dalle ali maestose.

          L’ubicazione di Gravina in uno scenario originale, inconfondibile ed unico, laddove la fatica delle genti si è arroccata sopra i colli circostanti; si è nascosta nelle grotte naturali per resistere alle aggressioni, si è affacciata per una speranza di città ricucita tra borgo e pagus.

 

        L’ubicazione di Gravina,originale anche per aver vissuto una esperienza ducale – quella degli Orsini, munifici protettori e costruttori di opere – per molti versi singolarmente simile alle tante città del nord del paese e non usuale nelle “terre d’Apulia”.

       L’ubicazione di Gravina in Puglia completa il disegno naturale sino a Matera;per evitare un frasario interrotto,poco intelligibile e sincopato;perché il senso della natura ed il sentimento dell’uomo nella storia possa essere colto molto più utilmente ed in termini scenografici straordinariamente adeguati ed armonici.  

 Il Sindaco Rino Vendola

 

Gravina, città naturale

Posta a cavallo di Puglia e Basilicata, Gravina è sempre stato un importante nodo di collegamento fra le comunità che si affacciano sulle rive del Mar Adriatico e del Mar Jonio e quelle dei centri interni. La felice posizione geografica, la ricchezza del territorio e la disponibilità di acqua, ha favorito la presenza dell'uomo sin da tempi remoti.

I primi insediamenti umani si fanno risalire al quinto millennio avanti Cristo, cioè al Paleolitico, con l’uomo che viveva in perfetta simbiosi con l’ambiente che l’ospitava. Tant’è vero che a partire dall'Età del ferro, nasce un esteso agglomerato sulla collina di Botromagno, situata in prossimità dell'attuale abitato. Tra l'VIII e il IV secolo a.C., questa città conosce un periodo di particolare floridezza culturale ed economica, anche per effetto dell'intensificarsi delle relazioni con il mondo greco. Verso la fine del periodo greco la città, denominata Sidion, si dota di poderose mura e conia moneta propria, qualche esemplare è custodita presso la Fondazione Pomarici Santomasi.

Conquistata dai romani nel 305 a.C., diventa, con il nome di Silvium, importante centro agricolo e commerciale lungo la via Appia. Distrutta dai Vandali di Genserico (456), gli abitanti si rifugiano nelle grotte del torrente Gravina, avviando quel mirabile e complesso ciclo storico che va sotto il nome di Civiltà Rupestre, delineando, così, l’evoluzione urbanistica della città che raggiunge il massimo splendore nei quartieri medievali e rinascimentali.

Dopo alterne vicende, che vedono Gravina contesa tra i popoli che dominano l'Italia Meridionale per la sua posizione strategica rispetto alle grandi vie di comunicazione, e il massacro portato a termine dai Saraceni nel 999, diviene feudo dei Normanni (1069).

In questo periodo si sviluppano i due rioni più antichi di Piaggio e Fondovico in una insenatura del torrente Gravina. Qui si trasferirono gli abitanti dell’antica Silvium al tempo delle invasioni barbariche. Modificarono le strutture naturali delle grotte costruendo facciate in tufo, sfruttando ogni possibilità di spazio per ambienti più comodi e confacenti alle nuove esigenze di vita. Una configurazione urbanistica che si adatta alla conformazione orografica delle lame, ed inventa un complesso ecosistema. Sotto la signoria dei Normanni, per ridare dignità all'antichissima sede vescovile, è costruita la magnifica Basilica Cattedrale. Nel 1133 Gravina passò sotto Ruggero II che la dette in feudo a Bonifacio d'Aleramo.

Il rione Cività sorse dinanzi alla Cattedrale e intorno ad un ricovero per orfani, vecchi e ammalati. Anticamente presentava vie carrozzabili con una gran piazza divisa in due dalla "lamia del comune e carceri pubbliche”.

Federico II, ritenendola eccellente stazione venatoria, dà incarico all'arch. Fuccio di progettare e realizzarvi un castello per uccellagione. Con gli Svevi la città viene elevata alla dignità di sede della Curia Generale di Puglia e Basilicata.

Poi passò sotto gli Angioini, con Carlo II d'Angiò, che nel 1294,concede alla Università di Gravina il ripristino dell’antichissima fiera da tenersi nel giorno della festività di San Giorgio; che ancora oggi rappresenta un importante momento economico per la commercializzazione dei prodotti agricoli ed artigianali.

Seguirono altri feudatari tra i quali il Duca di Durazzo e per quattro anni anche il re di Ungheria. Nel 1423 diventa feudo degli Orsini che ne conservano il possesso fino al 1810, quando Napoleone soppresse il lungo periodo feudale che aveva caratterizzato la Penisola Italica. La famiglia Orsini assicurò a Gravina stabilità amministrativa e un forte impulso economico e culturale. Tant’è vero che gli Orsini arricchirono la città di molte strutture che poi sarebbero diventate monumenti insigni e addirittura unici nel mondo come il ponte-viadotto sul torrente “gravina”, la Chiesa del Purgatorio, la fontana monumentale. A questa famiglia appartiene uno dei grandi papa, Pier Francesco Orsini, elevato al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIII, nel 1724.

Da sottolineare, inoltre, che nell’Ottocento Gravina era ritenuta fra le più ricche d'Italia. Così, con l’introduzione di tasse straordinarie, contribuì con 40 milioni di lire alla costruzione, nel Nord Italia, di scuole, strade, ferrovie.

Con l’unità d’Italia si abbattono le mura che circondavano tutto il centro storico e si realizzano viali, giardini e villa comunale. Il fronte stradale è ricostruito con imponenti palazzi padronali.

Le alterne vicende storiche hanno contribuito a creare una stratificazione d’architetture e stili all’interno del centro storico. Nei quartieri medioevali le abitazioni si trasformano da case grotte in case "palatiate", di forma irregolare che si adattano ad una configurazione urbanistica labirintica necessaria per la difesa dei luoghi. Le chiese  e i monasteri s’inseriscono quali punti focali di un sistema multifocale, e davanti agli stessi si realizzano complessi ed irregolari spazi aperti.

Nella città rinascimentale e barocca, che si sviluppa sulla piana, emergono nel tessuto urbano i palazzi nobiliari con la loro imponenza e ricchezza di decoro, tutto intorno si diffonde un’edilizia popolare i cui caratteri architettonici sono di pregevole fattura.

I materiali usati erano essenzialmente quelli locali: il tufo, il mazzaro, che per le proprie caratteristiche tecniche permetteva ai maestri muratori di adattarlo a molteplici forme costruttive e decorative. La coloritura delle facciate  dei palazzi signorili riprendeva i colori locali con una  predominanza per l’intera gamma dell’ocra, dei rosa, dei gialli, ad imitazione dei materiali del luogo. Per le abitazioni popolari, la tinteggiatura di bianco con latte di calce direttamente sul materiale tufaceo, eseguita una volta l’anno, era imposta per il decoro e l’igiene pubblica dai regolamenti comunali.

Dopo il piano del 1865, la città assume fuori del centro storico la tipica forma a  scacchiera di quest’epoca per rendere più agevoli gli spostamenti e sfruttare al meglio i lotti edificabili.

Il Piano del colore, in mancanza di un piano particolareggiato previsto nel PRG del 1992, pone un limite al lento ed inesorabile processo di trasformazione del centro storico con interventi di microarchitettura che ne distruggono l’identità. Il piano del colore e manutenzione delle facciate, insieme al piano per gli spazi aperti, tenderanno al recupero dell’identità locale e ad una qualità urbana indispensabile nell’avvio di un processo virtuoso di riqualificazione e di riapproprazione del centro storico.
Il piano non distingue categorie di edifici ed interviene con regole rigide, ma altresì richiede per ogni fabbricato un’analisi e conoscenza specifica per individuare le modalità d’intervento.

Il colore ricercato nella tradizione deve essere il punto di partenza per definire l’immagine d’oggi che deve essere coerente sia con la storia sia con le funzioni e soprattutto con il contesto.

Il piano fornisce gli strumenti che, attraverso un’appropriata scelta di materiali e metodologie delle colorazioni, permettono agli interventi edilizi di raggiungere quella qualità urbana ricercata.

 

PROGETTO COLORE

COMMITTENTE: CITTA DI GRAVINA IN PUGLIA

Sindaco

Rino Vendola

Responsabile unico e progettista del Progetto Colore

Arch. Giovanni Lorusso

Collaboratori stage

Arch. Maddalena Grillo

Arch. Rose Marie D’addario

Testi

Michele Pizzillo addetto stampa Comune

LINK

www.gruppoboero.it/news.asp?lang=it&page=6&mioId=1&mySect=NEWS&idNews=12

http://www.pi.archiworld.it/inviti_2007/ferrara.pdf
 

PRESENTAZIONE PIANO DEL COLORE AL SALONE DEL RESTAURO DI FERRARA 2007

BASE FOTO 3 colonne definitiva SLIDESHOW

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