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Municipio
Santa Marinella
2005


PROGRAMMA:
Concorso internazionale per la progettazione di un nuovo municipio.

CLIENTE:
Comune di Santa Marinella

CONCEPT:
L’idea di progettare uno spazio articolato e polifunzionale da destinare ad una nuova sede municipale – oggetto del concorso – fa riferimento in modo chiaro ed inequivocabile al complesso universo delle istituzioni e della politica in genere vista nei suoi rapporti con la società civile. Per questo, si avverte l’esigenza di tener conto di diverse dinamiche a livello globale quali l’aumento della complessità ed i processi di differenziazione che si sono accompagnati alla crescita economica che mettono in luce l’esistenza di una “maggiore autonomia relativa dei sottosistemi” nelle aree di subcultura politica territoriale. I comuni stanno diventando sempre più un punto di riferimento essenziale nel rapporto tra cittadino e istituzioni pubbliche. Infatti, passano per le amministrazioni comunali una serie di problemi, esigenze, bisogni della collettività anche quando il titolare delle funzioni corrispondenti è la Provincia, la Regione, lo Stato. Tanto più ora che il centro della discussione e dei cambiamenti va indirizzandosi verso il federalismo ed il principio della sussidiarietà individua nel Comune il luogo primo delle decisioni della pubblica amministrazione. Le istituzioni locali, pertanto, diventano espressione del grado di evoluzione democratica di una comunità civica, una cartina al tornasole di quello che è lo stato della partecipazione politica e delle relazioni di reciprocità che si spiegano in essa e dei rapporti di comunicazione intessuti con la comunità di riferimento. Gli orientamenti e i comportamenti pubblici dei cittadini, ad esempio, sono oggi meno desumibili di un tempo dalle appartenenze politiche tradizionali. Il concetto di “civicness”, dunque, insieme a quello di “comunità civica” dei quali il municipio è l’emblema, possono servire a comprendere le relazioni e le connessioni esistenti tra i cittadini ed il sistema istituzionale e politico. “Civicness” significa interessarsi e prendere parte agli affari collettivi, mobilitarsi per il bene pubblico, funzionare da premessa decisionale e da istanza di controllo delle autorità. Insomma, con questo concetto si entra in una sfera in cui gli orientamenti sociali e i comportamenti privati dei cittadini vengono posti a contatto con una dimensione, quella del sistema politico, che possiede una autonoma configurazione istituzionale e una logica autoreferenziale di azione. Una logica, cioè, che rende sempre presente il rischio della chiusura e dell’isolamento rispetto al proprio ambiente sociale. Un rischio tanto più grave alla luce dei principi di legittimazione dei regimi democratici, ispirati a criteri di apertura nei confronti della società civile. La civicness rappresenta una manifestazione del “capitale sociale” di una comunità, fatto di reti di solidarietà, fiducia, norme di reciprocità ecc. e dimostra di essere il presupposto essenziale per l’esistenza di una vitale sfera pubblica democratica che garantisce l’intermediazione tra le istituzioni politiche (con il loro corollario di professionisti e ruoli specializzati) e la società civile nella sua più variegata composizione. E sono proprio queste reti sociali diffuse a livello locale, per lo più cooperative, che favoriscono la crescita del senso civico di una comunità il quale sembra avere rilevanti ricadute finanche sulla prosperità economica di un luogo così come è in grado di migliorare il rendimento delle istituzioni attraverso la creazione di buone leggi e di politiche efficaci. Analizzando, inoltre il concetto di “comunità civica”, troviamo che in essa risulta diffuso un èthos di uguaglianza politica che implica uguali diritti e doveri. In altri termini, la comunità civica è legata da relazioni orizzontali di reciprocità e di cooperazione piuttosto che di autorità e di dipendenza. In essa, i leader politici si ritengono responsabili del loro operato di fronte ai cittadini. Questi ultimi, anche quando divisi da affiliazioni politiche o interessi divergenti sono comunque tolleranti , fiduciosi e solidali fra di loro. Le norme e i valori della comunità civica sono incarnati e rinforzati da specifiche strutture e pratiche sociali. Questi, gli aspetti rilevanti che sintetizzati in opportuni indicatori sono poi ricomposti in un indice (civic community index) il quale, rende conto del diverso grado di uguaglianza, di impegno civile, di corruzione politica nonché della presenza di strutture gerarchiche presenti in una comunità. In definitiva, un indice che diventa un forte predittore del livello di soddisfazione esistente nella popolazione. Ed è proprio per dare intelleggibilità a questi concetti si è accolta la metafora della rete con la quale si intendono rappresentare le relazioni fra i vari soggetti (istituzioni politiche e sociali comunali) che trascendono gli antagonismi concorrenziali e valorizzano, al contrario, le pratiche comunicative e cooperative basate sull’insieme delle interazioni tra gli attori e tra attori e spazio fisico di appartenenza. Ciò, essenzialmente per il fatto che, nell’insieme, queste interazioni sarebbero all’origine di un effetto-sistema in grado di produrre una particolare atmosfera, un certo clima, una cultura politica e sociale, quel che in definitiva potremo definire quel certo “milieu” ossia un insieme di condizioni prodotte territorialmente assolutamente non riproducibili in altri ambienti. Nel nostro specifico, si è cercato, per la realizzazione di questo progetto, di prendere inizialmente a modello una generica rete cognitiva, quale mezzo esplicativo delle numerose relazioni che potenzialmente possono spiegarsi territorialmente anche in considerazione del fatto che la recente rivoluzione informatica ha introdotto nuove forme e strumenti di comunicazione istituzionale on line come quello delle reti civiche, delle comunità virtuali, dei siti web ( ormai ogni comune ne possiede almeno uno) che hanno, appunto, la funzione di creare e rendere possibile un dialogo ed un continuo confronto tra il cittadino e le istituzioni e tra le istituzioni fra di loro. Il paradosso, ora, sta nel fatto che alla rete ed alle relazioni sociali reali che si sovrappongono e si intensificano inconsapevolmente sul territorio se ne aggiunge un’altra – quella virtuale – che, grazie al dialogo, al confronto, allo scambio di conoscenze, permette a tutti di partecipare attivamente ad una costruzione individuale e collettiva del sapere. Il concetto di rete, infatti, – proprio perché riposa su un insieme di relazioni ed interrelazioni, di nodi e trame – ad una più attenta analisi, notiamo che è depositario di una capacità propulsiva e “produttiva” – per restare nella ormai imperante logica di mercato – superiore alla somma delle potenzialità delle sue singole componenti. Con ciò, si spiega come in un approccio di sistema, si possa innescare un processo di sviluppo sociale ed economico attraverso la riflessione critica sulle modalità di fruizione delle risorse e sulle forme di organizzazione delle attività nelle e tra le città. Supportati, dunque, da un approccio scientifico quale quello sistemico, possiamo leggere il progetto proprio seguendo un tipo di logica che tiene conto soprattutto delle relazioni e delle connessioni che vanno a formare la rete, relazioni che seguono delle direzioni e delle controdirezioni, creando rimandi ad altri livelli di lettura proprio come in un ipertesto che conduce ad esiti per lo più imprevedibili. C’è da puntualizzare, vieppiù, che la metafora della rete che si è scelto di assumere fa esplicito riferimento alla “cultura” della rete la quale rifiuta le gerarchie e valorizza le peculiarità e le diversità. Questa è applicabile sia alla dimensione sociale, economica ed ambientale viste nella loro natura complessa e interdipendente ma altresì a quella architettonica che ne risulta la sintesi e l’espressione più completa.

Il municipio

Il municipio è visto nel suo complesso come luogo che riproduce la complessità delle relazioni reali e virtuali intessute nel territorio, come luogo di snodo e di smistamento nonché di coesione di tutte le istituzioni sociali e politiche e aperto alle istanze della collettività cosi come ai suggerimenti e alle iniziative che possono provenire dalle associazioni e dai comitati cittadini tali da rendere possibile una partecipazione del pubblico al processo decisionale locale. In sintesi, ciò che si evidenzia è un processo di comunicazione interattivo che ormai va permeando di sé ogni sfera della vita collettiva. Trasferendo, poi, il discorso da un punto di vista teorico e concettuale ad uno applicativo e più strettamente progettuale possiamo ritrovare l’idea di complesso municipale su espressa in tutte le sue implicazioni nelle diverse fasi dello sviluppo architettonico del progetto. In altri termini, il progetto si serve di elementi significativi e di alto contenuto simbolico per esprimere i concetti sopra esposti in una maniera più chiara possibile. Questi elementi, che da concettuali diventano progettuali, sono dati, appunto, dalle reti, dalla loro sovrapposizione falsata sullo spazio originario o griglia preesistente sino a formare delle trame più complesse che andranno a costituire uno spazio architettonico che si presta ad un tipo di lettura ipertestuale. Il municipio – che affacciandosi sulla strada principale, continuando i fronti stradali, apparentemente cerca ancora di mantenere un maggiore impatto visivo, memore del valore altamente simbolico che aveva assunto nei tempi passati – man mano che ci si addentra nel complesso civico perde quell’aspetto monolitico ed imponente che pare caratterizzarlo e dunque si svuota, rendendosi permeabile e attraversabile. Due grandi varchi-portale lo attraversano a piano terra introducendo alla piazza la cui spazialità viene scoperta man mano che ci addentra. Allo stesso tempo, l’unità municipale, un tempo vista come accentratrice di funzioni e di potere, subisce una frammentazione nella implementazione progettuale. Le sue diverse funzioni vengono decentrate a livello spaziale ottenendo diversi nuclei architettonici che potremo assimilare metaforicamente ai “nodi”della nostra rete di riferimento. Questi edifici con funzioni sia di carattere prettamente istituzionale (uffici, sede consiliare e di giunta) che di carattere sociale, ricomprendono e inglobano i diversi ambiti della società civile (biblioteca-sala mostre, auditorium, teatro all’aperto, giardini pensili, scuola di formazione professionale, spazio per vigili e protezione civile ed eventualmente sedi per associazioni e comitati cittadini, parcheggi pubblici). Ciascuno con la propria peculiarità e specificità vanno a costituire i “nodi” che comunicando tra loro formano un sistema complesso di reti sociali ed istituzionali che a sua volta è connesso ad altri sistemi complessi (altri sistemi istituzionali locali e sovralocali). In questa visione, valorizzare i nodi, significa, dunque, evidenziare le differenze, le peculiarità, le potenzialità intrinseche alle varie istituzioni che, messe in comunicazione e in rete, faranno da tessuto connettivo e da volano per un tipo di sviluppo urbano integrato. E significa pure attribuire alle sedi istituzionali più rappresentative una dimensione più “a misura di cittadino” e dunque più democratica attraverso il collegamento orizzontale alle altre, magari appartenenti alle istituzioni sociali. Gli elementi fondanti la genesi del progetto sono: la presenza fondamentale del mare, la morfologia del territorio, l’impianto urbanistico preesistente, la presenza di ampie zone di verde, la storia dei luoghi. Il progetto privilegia il rapporto con il mare proprio con il ridimensionamento graduale dell’altezza degli edifici che vanno pian piano degradando permettendo la creazione di spazi e terrazze belvedere. Tutti gli uffici prettamente amministrativi ed istituzionali si affacciano prevalentemente sul lato sud ed attraverso una grande parete trasparente vivono questo rapporto continuo con il mare. Il mare viene ripreso formalmente nel disegno della piazza con il richiamo di line curve e sinuose, (le onde) che si sovrappongono alle altre trame per creare uno spazio dinamico. Una porzione di mare la ritroviamo nelle grandi vasche-fontane che troviamo alla base dei due edifici principali. La morfologia del territorio viene rispettata progettando non un unico edificio ma una serie di edifici che con il sistema a terrazze e verde pensile permettono una integrazione, una mimesi con l’ambiente circostante. L’impianto urbanistico esistente con le assialità principali leggermente sfalsati si ritrovano nella disegno dell’interno impianto progettuale. Sono trame diverse che si sovrappongono e cercano un proprio spazio ed equilibrio in un gioco continuo di rimandi. Particolare importanza ha nella genesi del progetto la storia della città con la presenza di torri di difesa ed avvistamento e del castello Odescalchi con le sue tre torri angolari e grande torre centrale. Il progetto valorizza l’idea delle torri angolari per i collegamenti verticali tra i vari piani e con il parcheggio e teatro all’aperto, mentre la grande torre (che sorgeva presso l’antico Punicum da cui deriva il nome Santa Marinella) diventa la sagoma del vuoto della piazza che si configura come un grande cerchio, a cui si conforma la grande parete vetrata dell’edificio amministravo e la forma della biblioteca e giardino pensile. Una architettura nel suo complesso fatta da una aggregazione di parti, di componenti, di nodi ipertestuali, di metafore e di rimandi, che cerca di legarsi dialetticamente al territorio, alle sue trame e alle sue storie.

La piazza pubblica

Per quanto riguarda gli spazi, le piazze ed i vuoti, essi hanno rappresentato per secoli attraverso processi di stratificazione il luogo della vita pubblica e dell’aggregazione sociale. Oggi quest’identità tra piazza – vuoto urbano e spazio pubblico ha subito delle modificazioni. Nell’espansione delle città, molte piazze sono diventate parcheggi, hanno cioè perso la loro funzione originaria. La piazza non emanando più i suoi richiami di carattere mercantile e celebrativo, non avendo più il suo ruolo di recepire le necessità e di assecondarle, di essere in rapporto integrato con il costruito circostante sembra non offrire stimoli sufficienti alla progettazione. La realizzazione di tante piazze nel periodo moderno si è rivelata un fallimento perché è stata posta attenzione soprattutto agli aspetti formali e non a quei contenuti funzionali che un tempo assemblati in concatenazione davano luogo ad un vuoto “attivo”. Noi pensiamo ad immagini di piazze gremite di gente ma esse sono legate nel nostro inconscio al momento fascista o al sagrato paesano. Oggi, vivendo in un periodo di grandi cambiamenti per quanto riguarda i comportamenti e gli stili di vita che privilegiano dei momenti di aggregazione più “effimeri”, ci ha fatto comprendere la necessità di spazi diversamente articolati. Un tentativo di risposta al desiderio di socialità e ai problemi del traffico e dell’aria malsana, al bisogno di “protezione”, – quella che veniva offerta dalla verticalità della chiesa o dall’imponenza del palazzo – viene data a partire dagli anni Settanta soprattutto nel centro e nel nord europeo dagli spazi pubblici coperti: gallerie adibite all’acquisto e allo “stare” interpersonale che hanno come matrice i “Passages” parigini e le “Gallerie” di attraversamento. Insomma, gli spazi pubblici diventano sempre più luoghi al coperto: centri commerciali, stadi, nodi intermodali. Il grande vuoto delle Halles a Parigi viene risolto così. A differenza delle gallerie e dei passages queste sono trasparenti: si vede il cielo. A New York, città priva di piazze, la strada degli anni Settanta si dilata, scende all’interno di grattacieli svuotati per poi ritornare ad essere strada: fontane, piante rare, panchine, ristoranti, punti commerciali, banche, luoghi per lo sport trovano collocazione in ambienti climatizzati in perenne primavera. Si può verificare, altresì, che negli Stati Uniti gli spazi progettati che hanno oggi poteri aggreganti sono realizzati da grandi trusts a carattere prevalentemente commerciale: come le cattedrali di un tempo sono beni privati che vivono in virtù della collettività che li ha prodotti. Quando la piazza è uno spazio della municipalità ed è uno spazio aperto, diviene presto un fenomeno vuoto anche se talvolta gli attributi della memoria (piazza Italia di Charles Moore a New Orleans e piazza del Governo di Paul Roudolph a Boston)cercano di far rivivere ambienti antichi in contesti diversi. Riassumendo, sembra di dover rilevare anche sulla base di diversi contributi che i luoghi pubblici – per la maggior parte quasi ovunque progettati coperti – dove più facilmente si esplica la socialità attiva quotidiana, oltre che essere legati a presenze commerciali, hanno come caratteristica-base quella di incanalare i flussi verso andamenti dinamici seguendo un tipo di energia vettoriale che già a fine Ottocento aveva fatto tramontare l’idea di piazza, troppo strettamente ancorata a principi di geometria cartesiana e a movimenti rotatori. La città sviluppatasi fino all’Ottocento, ha sempre avuto il carattere dell’organismo chiuso. In essa la vita si muoveva circolarmente. E questo è il punto: il movimento circolare della vita aveva in passato i suoi fulcri nello spazio fisico della piazza sia per quei momenti di coesione della comunità che erano dati dai rituali sia per quella concentrazione economica a livello comunale che trovava riscontro nella piazza del mercato. Venuta meno questa concentrazione di intenti, dilatatasi sempre di più l’area di scambio con andamenti di dinamismo vettoriale, non si ha più bisogno di piazze di tipo antico. Prevalgono, dunque, sempre più andamenti di tipo vettoriale che già a fine Ottocento avevano fatto spostare la vitalità cittadina dalla piazza alle vie e ai corsi. Ciò nondimeno, le diverse funzioni che si esplicano negli spazi pubblici fanno convivere andamenti di flusso dinamico con momenti di sosta creando quell’apparente disordine che ripropone l’integrazione di aspetti differenti quale era alla base della vitalità degli ambiti spaziali spontanei di un tempo. Infatti, la principale risorsa espressiva della città è legata alla concentrazione di individui che permette la formazione di molti gruppi eterogenei ad alta specificità. Il valore di questa “possibilità di diversità” in termini di arricchimento sociale è però condizionato dalla visibilità reciproca tra gruppi diversi. Le piazze, dunque, gli spazi aperti, le vie pedonali sono spazi di tutti in cui si identifica la dimensione collettiva di una città. Sono spazi aperti, non solo in senso fisico, in quanto la loro frequentazione, la possibilità di avvertire la propria appartenenza a tali luoghi e quindi di poterli rendere partecipi della propria espressione, non sono subordinate al possesso di alcun requisito. Il progressivo trasferimento dell’aggregazione sociale in spazi chiusi ha legato la dimensione sociale alle regole del commercio, che ha nell’identificazione di un bacino d’utenza il presupposto fondamentale e nella capacità di acquisto una discriminante. Questi luoghi si rivolgono a gruppi sociali precisamente identificati favorendo, in tal modo, una visibilità tra simili: “l’incidente sociale”, la possibilità, cioè, di una interazione focalizzata fortuita tra due individui con modi di vita radicalmente diversi non è, così, prevista. Ed è proprio sull’incidente sociale che si fonda lo spirito che sottende all’idea di piazza. La piazza è il luogo dove le diversità si dovrebbero incontrare. Per evitare il progressivo disuso della funzione sociale della piazza, per evitare che questi spazi diventino degli spazi vuoti e dunque ad un passo alla loro trasformazione in spazi pericolosi, bisogna favorire la presenza delle diversità. Diversità funzionali, in questo caso, dunque compresenza di aree verdi e di svago e spazi culturali, punti commerciali, teatri all’aperto, spazi per associazioni e comitati cittadini. Gli spazi che sono tradizionalmente il cuore della vita pubblica nelle città italiane, le piazze e i corsi del centro, perdono quel mix fatto di residenti di strati sociali diversi e di attività produttive, commerciali, culturali e ricreative diversificate che li rendono insieme vitali e sicuri. Il problema della progettazione dei vuoti urbani è dunque legato al contesto: il problema maggiore è quello di ricreare un’identità locale ricostruendo la possibilità di una identificazione tra il cittadino e il suo contesto di vita attraverso l’interpretazione delle radici e delle abitudini di un luogo. E l’indifferenza dei cittadini rispetto agli spazi pubblici è evidentemente legata anche alla loro scarsa piacevolezza e alla mancanza di confronto con i modelli locali che non pongono fine alla lunga serie di piazze moderne tanto aliene da non indurre nessuno a viverle. Il progetto della piazza pertanto tiene conto proprio delle diversità proponendo al suo centro non l’edificio l’amministrativo bensì lo spazio più collettivo dell’auditorium- sala consiliare, da cui partono le varie direttrici che portano al teatro all’aperto, ai giardini pensili, agli uffici amministrativi, alla biblioteca –sala mostre, alla scuola di formazione, ecc. E’previsto l’utilizzo dell’auditorium e della biblioteca anche quando il municipio è chiuso. La piazza si estende anche all’ingresso dell’auditorium e lo dilata con la grande vetrata. Gli uffici amministrativi con la parete a vetro si fanno penetrare dagli sguardi dei cittadini, rimandando ad un idea di trasparenza delle funzioni pubbliche. I giochi d’acqua, le gradonate, il teatro-belvedere, i giardini pensili diventano gli elementi prettamente ludici e ricreativi che assumono una grande importanza data la prevalente vocazione turistica della città. Sarebbe auspicabile un uso più commerciale degli spazi limitrofi alla piazza in modo da creare quel mix di funzioni indispensabili alla vitalità della stessa.

 

Tecnologia

Nell’elaborazione delle scelte progettuali ci si è attenuti ai principi dell’edilizia sostenibile mediante l’impiego di materiali riciclabili per le strutture edilizie attraverso una configurazione architettonica che permette la gestione dell’edificio in maniera naturale per lunghi periodi. Un’approccio ecologico che ha tenuto conto delle risorse naturali reperibili sul luogo quali: energia solare, vento, acqua piovana, sistemazioni a verde, specchi di acqua. Data l’esposizione ottimale degli edifici è possibile per lunghi periodi di tempo gestirlo in modo naturale aprendo le finestre e garantendo così una ventilazione naturale dell’edificio.. L’esposizione a sud della grande parete vetrata sfrutta l’apporto della luce naturale negli ambienti di maggior permanenza delle persone. L’illuminazione naturale per lunghi periodi di tempo, l’areazione e l’apporto calorico, la compattezza e migliore coibentazione dell’edificio nelle zone a nord determinano un notevole risparmio energetico. All’energia solare passiva è prevista anche l’utilizzo di energia solare attiva mediante collettori allo scopo di risparmiare potenza frigorifera. Le acque meteoriche provenienti dalle coperture e dalla piazza , opportunamente convogliati in apposite cisterne con un sistema di depurazione saranno utilizzate come acqua non potabile per i servizi secondari e per l’irrigazione delle aree verdi. Le scelte tecnico- costruttive prevedono fondazioni dirette di travi a rovescio in c.a. Al fine di avere grandi luci si prevede l’utilizzo di travi tralicciate in acciaio da annegare nel getto di calcestruzzo. Questo sistema costruttivo permette di abbattere notevolmente i costi sulla manodopera e una buona riduzione del consumo di materiali avendo una struttura più leggera e flessibile nell’utilizzo funzionale. La progettazione degli spazi interni tiene conto della necessità di avere spazi sempre più flessibili e adattabili nel tempo, in relazione alla crescente informatizzazione dei servizi, e propone piante libere su tutti i livelli che con pareti divisorie attrezzate permette il disegno degli spazi interni. Pertanto si è pensato a spazi di lavori più ampi che accorpano le funzioni di più uffici. I parcheggi con accesso dalla strada laterale a sud si sviluppano su due piani interrati, con accesso pedonale adiacente all’edificio municipale.

 

TEAM  PROJECT
GIOVANNI LORUSSO ARCHITETTO
 

STRUTTURE

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